NEWS novembre 2017

L’inverno scorso, costretta da una brutta caduta a stare mesi segregata in casa è sorto in me il desiderio irrefrenabile spingermi oltre i luoghi da me più amati e più familiari: gli appennini tosco-emilani, l’isola d’Elba, l’Istria e andare là dove da tempo sognavo di approdare: ad Itaca.

Mi si potrà dire che, se avevo affrontato, e non solo per una volta, il cammino di Santiago, potevo andare dovunque senza timore. Beh, il cammino è un’avventura a tutti gli effetti, ma il percorso, comunque personalissimo, che vi si fa resta inscritto su un tracciato secolare, attualmente segnato alla perfezione. Essere peregrinos – e tali si resta per sempre – ha, insomma, intorno tutta una “struttura” da cui, anche nei momenti più difficili, anche se si cammina da soli, ci si sente protetti.

Il viaggio ad Itaca, invece, si prospettava ai miei occhi “senza rete”: sarei andata nella terra di Ulisse, con un’unica Credential: l’Odissea… sarebbe stata quella la mia unica lettre de noblesse con cui presentarmi a chi avessi incontrato, nelle varie tappe del mio viaggio.

Ecco qui il “giornale di bordo”, che registra giorno dopo giorno questa mia avventura “mitica”.

Non ho nessuna pretesa di aver scritto un testo letterario, ed è anche per questo che ho cercato di renderne più piacevole la lettura corredandolo con varie foto, spesso fatte in situazioni di fortuna.

Per facilitare la lettura, ho diviso Verso Itaca in tre files: cliccate qui qui e qui

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NEWS ottobre 2017

Dalla stazione degli autobus di Trieste si può prendere un pulmino microscopico (9 posti compreso l’autista) diretto a Pazin (nel cuore dell’Istria) e, dopo quasi una cinquantina di Km da Trieste (a sud- est, sotto il confine sloveno), vi consiglio di scendere a Buzet.

Ve lo dico, perché l’ho fatto da poco e ho scoperto questa fascinosa piccola città, piena di storia: dall’epoca romana, passando per Bisanzio, il Patriarcato di Aquileia fino alla Serenissima. Sorvolo sulle sue prelibatezze culinarie… ottobre è giusto il mese dei tartufi, ben più delicati (e assai meno costosi) di quelli italiani…

Da Buzet sono andata a piedi in direzione di Hum, dove volevo passare la mia seconda notte. Segnalo un bel percorso didattico di qualche kilometro dedicato alla scrittura glagolitica: trait-d’-union tra l’alfabeto greco e quella cirillico. Purtroppo non ho potuto fotografare nessun monumento e nessuna iscrizione, perché il tempo, proprio in quel tratto di cammino, non è stato certo clemente. E, con lo zaino in spalla, pur con una bella mantella, se piove fitto, ve l’assicuro, ci s’inzuppa lo stesso perbene.

Hum però merita di patire qualche disagio. Si tratta di una sorprendente cittadina in miniatura: con la sua cinta muraria, una chiesa antica, uno splendido campanile romanico, case ben restaurate e circa una ventina di abitanti, uno più gentile dell’altro.

Da Hum, la mattina dopo, son tornata, sempre a piedi, a Buzet passando per l’antico mulino di Kotli, sito in un orrido da mettere i brividi, scavato nella roccia dal fiume Mirna, quando è ancora un corso d’acqua impetuoso e pieno di cascate. Proseguendo per un sentiero ben segnato nel fitto del bosco, guadando almeno tre volte il torrente, si costeggiano, dopo un po’, imponenti e scoscesissime, pareti rocciose, meta di scalatori provetti.

Insomma, se volete un piccolo assaggio di questa parte dell’Istria interna ancora poco conosciuta, cliccate qui   

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NEWS aprile 2017

Come è ormai tradizione da vari anni a questa parte, il 7 e l’8 marzo sono stata invitata dall’Università di Trieste (Dipartimento di Studi Umanistici, Filosofia) per parlare di uno dei problemi che, a mio avviso, ci rende la vita poco simpatica: la competitività. Alludo non tanto al competere in sé, a cui non tutti noi peraltro siamo portati, ma a quegli spiacevolissimi strascichi di aggressività e di invidia sociale che esso comporta.

Mi sono domandata, allora, se i miei amati Greci erano competitivi e, appurato che lo erano, se lo erano nella medesima maniera (becera) in cui lo sono i nostri contemporanei. Per accorgersene, basta dare un’occhiata al bassissimo livello dell’attuale agone politico, dove il rispetto per l’avversario è diventato un ferro vecchio…

Questa è la ragione per cui il titolo di queste lezioni triestine contiene una domanda: Invidia e agonalità: i Greci hanno qualcosa da insegnarci?

La risposta, come s’intuisce, è sin troppo scontata ed è: “Sì! Mille volte sì!”.

Anche questa volta, come oramai di rito, fornisco a chi vorrà leggermi le stesse rassicurazioni che faccio sempre agli studenti che poi mi ascolteranno: se non sapete nulla degli antichi Greci, niente paura! Son qua per rendervi agevole e, per quanto posso, leggero il cammino.

Mentre parlavo son stata registrata e quello che state per vedere è il frutto d’un paziente lavoro di trascrizione, con qualche taglio e con qualche piccola precisazione in più, in cui il tono colloquiale è stato gelosamente conservato.  

Come temevo, ne è risultato un testo non proprio breve, il che mi ha impedito, a malincuore, di poter inserire i numerosi e partecipi interventi degli studenti; inoltre ho pensato che fosse meglio dividere il testo in tre files, che potrete scaricare direttamente cliccando qui, qui e qui.

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NEWS dicembre 2016

Nel mese di giugno 2016 Giangiorgio Pasqualotto avrebbe compiuto 70 anni. Al che, alcuni suoi ex-allievi o ex-colleghi dell’Università di Padova o suoi amici (mi trovavo in ambo delle ultime due tipologie) pensarono di dedicargli un libro. Generalmente non partecipo mai a questo tipo di iniziative, che tendo a trovare accademiche oltre che maledettamente noiose. Ma, siccome Giangiorgio, che peraltro era all’oscuro dell’omaggio, mi è particolarmente simpatico, decisi di fare un’eccezione. O, meglio, lo decisi solo dopo aver domandato ai due curatori (Emanuela Magno e Marcello Ghilardi) carta bianca. Perché di scrivere un normale saggio proprio non se ne parlava: accarezzavo piuttosto l’idea di scrivere una lettera. Una lettera filosofica, ma insieme amicale.

Mi fu gentilmente accordata la più totale libertà. Composi, allora, circa una decina di pagine e le consegnai assai per tempo, non lo fecero tutti, sicché il volume celebrativo, Festschrift come si dice in gergo, non fu pronto per il compleanno di Giangiorgio ma solo molto dopo.

Vi assicuro che ne è venuto fuori un libro collettivo interessante, diviso in due sezioni (Dall’Occidente e Dall’Oriente), dato che non tutti quelli che vi partecipavano condividevano le competenze da orientalisti di Giangiorgio, dei curatori e di altri. Eccone il titolo:

La filosofia e l’altrove. Festschrift per Giangiorgio Pasqualotto, a cura di Emanuela Magno e Marcello Ghilardi, Mimesis, 2016.

Il mio “contributo” (Imbattersi in Stirner) aveva come oggetto un autore che per le sue tesi estreme è singolarmente istruttivo nei tempi bui che stiamo attraversando: Max Stirner. Qualora sappiate pochissimo o nada de nada di costui, come sempre, niente paura! Ve lo farò scoprire e gustare con leggerezza: cliccate qui.  

Ora, sempre a Stirner dedicai una parte delle lezioni sul tema della solitudine, che tenni presso l’Università di Trieste (cfr. News aprile 2016 nonché Beata solitudo, 3). Ebbene, fu mia cura scrivere in modo da non ripetermi più dello stretto necessario, approntando due testi complementari. Perché ho sempre detestato quel diffuso malcostume accademico che ricicla e rimastica senza posa materiale già prodotto, al solo scopo di snocciolare l’ennesima pubblicazione: che miseria!

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NEWS settembre 2016

In quel singolare luogo di sperimentazione culturale che è l’aia della Casa Nova, il 19 agosto si doveva tenere una conferenza sull’origine della luce. L’aveva organizzata mio cugino Claudio Balducelli (fisico nucleare, ex-ricercatore dell’ENEA) ma, siccome il tempo incerto sconsigliava riunioni all’aperto, ci si spostò all’interno della Pro Loco di Casa Boni.

Come già era successo per la mia comunicazione dell’anno prima sulla nascita dell’Odissea, parlare di argomenti così complessi ad un pubblico di tutte le età e per la stragrande maggioranza completamente a digiuno sui temi da trattare, si presentava come un’impresa titanica, ma Claudio, animato da una verve didattica rara, ci è riuscito e pure brillantemente.

L’idea vincente di Claudio è stata quella di rendere più vivace l’esposizione drammatizzandone alcune parti, facendo partecipare due giovanissimi (Giovanni Amari e Nicolas Meini) in qualità di attori.

La sottoscritta ha collaborato alla sceneggiatura e alla rappresentazione, anche impersonando Democrito redivivo, riemerso dall’oltretomba dantesco (Inferno, IV, 136).

Per meglio adattarsi al genius loci tosco-emiliano, si è alluso ad inquietanti località della valle del Randaragna. In conclusione, ne è venuto fuori un atomista antico con venature appenniniche, ossia molto polemico: un Democrito che rivendica con vigore la sua originalità – chiedo venia a Leucippo, di cui non ho potuto rendere conto –  in faccia alle ultimissime teorie e conquiste della fisica.

Ebbene, il pubblico non solo era molto interessato ma anche divertito.

E ora siete curiosi di saperne di più sulla luce senza minimamente annoiarvi, addirittura sorridendo? Beh, se cliccate qui potrete vedere il video, come già altre volte, sapientemente girato da William Strali.

Un’ultima cosa importantissima: mi ha appena telefonato Claudio per avvertirmi che nel filmato c’è un errore colossale, dovuto alla concitazione del momento (non me n’ero accorta perché nelle prove Claudio s’era sempre espresso correttamente): ebbene il segnale cosmico di fondo, di cui vedrete la sensazionale scoperta, testimonia che la luce è nata 14 miliardi di anni fa e non 14 milioni… non so se rendo l’idea! Insomma, senza questa rettifica, rischiavamo di mettere in scena un segnale…comico di fondo.

Vi segnalo anche il sito di Claudio Balducelli www.fotopassione.eu

 

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NEWS maggio 2016

Anche se mi sento sempre più lontana dalla scrittura saggistica, vari amici mi hanno convinto a mettere su questo sito due miei vecchi (brevi) scritti dedicati ad un singolare personaggio, che troviamo nel Simposio di Platone. Si tratta del tragediografo Agatone, di cui purtroppo non ci è giunta nessuna opera. Un vero peccato perché questo fascinoso fantasma avrebbe ancora molto da dirci! Un’occasione, insomma, per mettere in crisi la tradizionale concezione dell’eros come mancanza, nonché per smetterla di considerare la mímesis come imitazione… ossia per smettere di sminuirla…

Inoltre, secondo me, nonostante si finga il contrario, il tema dell’identità sessuale, resta ancor oggi un dogma, ebbene Agatone, in quanto artista, lo manderà a gambe all’aria!

Vi siete incuriositi? Allora cliccate qui e qui

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NEWS aprile 2016

Il mese di marzo è stato piuttosto impegnativo, ma anche piacevole perché ho parlato in due bellissime città di mare.
Il 7 e l’8 marzo sono stata gentilmente invitata dall’Università di Trieste (Dipartimento di Studi Umanistici, Filosofia) per parlare di un argomento che da sempre mi sta molto a cuore: la solitudine. Di solito, la solitudine è vista come una bestia nera, invece, io m’ero proposta di spezzare varie lance in suo favore considerando non solo chi la condanna o ne diffida, ma anche chi ne tesse le lodi. E l’ho fatto spaziando dall’Antico Testamento e dall’Odissea fino a qualche filosofo ottocentesco, magari non molto studiato, tipo Max Stirner. Ho anche brevemente evocato un paio di poeti di gran calibro, tipo Charles Baudelaire ed Emily Dickinson.
Se siete a digiuno di filosofia, niente paura: non do mai nulla, ma proprio nulla, per scontato, sicché mi potrà leggere anche chi di filosofia, e così pure degli antichi Greci, non sa assolutamente un’acca.
Perché dico “leggere”? Il fatto è che sono stata registrata e, in seguito, ho trascritto, talora facendo dei tagli oppure piccoli montaggi, quasi tutto quello che ho detto a Trieste, conservandone il carattere fortemente colloquiale. Dato che l’intera performance è durata quasi quattro ore, mi son vista costretta, assai a malincuore, a non poter dar conto della vivace e stimolante discussione che ne seguì con gli studenti.
Il testo che ne è venuto fuori, come temevo, non è brevissimo e, allora, ho pensato di dividerlo in tre files che potrete scaricare direttamente cliccando qui, qui e qui.

Dopo Tieste è stata la volta di Venezia. Il 23 marzo mi son recata all’Istituto per il Turismo Francesco Algarotti. Il tema che m’era stato proposto mi è particolarmente caro: il viaggio a piedi. Assieme a me ha parlato anche un valente giovane fotografo free lance, Giacomo Frison, che era andato da Istanbul a Theran passando per il Caucaso, ora a piedi ora in autostop. Se volete saperne di più sulle sue imprese, rimando al suo sito: www.giacomofrison.com
Trovandomi a riferire delle mie varie esperienze come pellegrina nel Cammino di Santiago, ho pensato che fosse giunto il momento di rendere accessibile su questo sito un mio breve racconto semiserio e semigotico: Brividi sul cammino di Santiago. Se vi venisse la curiosità di leggerlo, cliccate qui.

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NEWS ottobre 2015

ossia correzioni e precisazioni alle News del mese scorso

In settembre vi avevo raccontato di una singolare “conferenza” appenninico-omerica: ecco il video. Nella foga del momento, anche nel titanico sforzo di non far mai scemare l’attenzione del mio non facile pubblico, parlando sempre a braccio, mi sono sfuggite varie imprecisioni, alcune quasi trascurabili, altre per nulla scusabili, cui ora cerco di porre rimedio:

– La spassosa Odissea semiseria fu messa in scena, nell’aia della Casa Nova, nel 2005. Il video fu purtroppo perduto, ne restano solo delle foto, dei fotomontaggi e l’audio (ahimè alquanto disturbato) delle voci recitanti (per lo più nell’arcaico dialetto boscaiolo), durante le prove. La pièce tuttavia compare nella sua interezza e dura circa 10 minuti. Per la cronaca, a Setteponti un tempo c’era una casa di malaffare. Insomma, se volete farvi un’idea di questa farsa, cliccate qui

– Ebbi poi modo di visitare Pian degli Ontani, non già paese natale di Beatrice Bugelli, bensì luogo da lei assiduamente frequentato. Colà vi invito a scoprire, come ho fatto io, le ancor vive testimonianze dell’attività di improvvisazione della pastora poetante.

– Quanto alla lettura silenziosa, non ebbi tempo di parlare del celebre incontro tra Sant’Agostino e Sant’Ambrogio avvenuto nel 384 e narrato circa vent’anni dopo nelle Confessioni (V, 3, 3); rimando perciò al mio: L’occhio del silenzio (ultima ed. Padova, Esedra, 1997; ne esiste anche una trad. in francese: L’oeil du silence, Eloge de la lecture, avec un dessin et une présentation de Pierre Klossowski, Lagrasse, Verdier, 1989).

– Mi scuso per aver definito “un posto incivile” la Serbia negli anni ‘30: volevo solo rendere omaggio al senso dell’avventura del grande Milman Parry, che fece le sue ricerche nell’attuale Kossovo.

– Milman Parry morì per un incidente di caccia e non di golf; quanto a suo figlio, Adam Parry, non morì trentenne come il padre, bensì quarantenne: comunque prematuramente e perì a causa, pure lui, di un incidente, di moto, credo.

– Non so come mi son lasciata sfuggire una grande sciocchezza su Aleksandr Romanovič Lurjia (anche se non l’ho nominato esplicitamente), fuorviata dal suo cognome ebraico. Ebbene, non fu mai perseguitato in quanto ebreo, anzi ebbe un ruolo di spicco come scienziato in Unione Sovietica, dapprima come studioso di psicologia poi di neurochirurgia. Semplicemente i risultati delle sue due spedizioni nelle più remote regioni dell’Uzbekistan (nel 1931 e nel 1932) furono pubblicati solo nel 1974. La trad. it. del libro che ripropone tali ricerche sul campo – lettura a tutt’oggi molto interessante – è: La storia sociale dei processi cognitivi, Firenze, Giunti Barbera, 1976.

– Scaturigine di tutte le mie riflessioni sul rapporto tra oralità e scrittura sono stati non solo gli studi di E.A. Havelock ma soprattutto quelli del geniale Walter Ong, che non nominai ma che avevo sempre presenti mentre parlavo.

– Per concludere, alcune doverosissime precisazioni omeriche. Non è Atena a rimproverare Diomede che non deve permettersi di sentirsi pari agli dei, bensì Apollo (Iliade, V, 440-442). Inoltre Ulisse non racconta ai Feaci propriamente delle menzogne sulla sua identità, semplicemente preferisce glissare e omettere alcune informazioni (Odissea, VII, 241-297). Bugie belle grosse le racconta, invece, ad Atena, sotto le sembianze d’un bel pastorello (Od. XIII, 252-286), e a Penelope (Od. XIX, 165-203).

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NEWS settembre 2015

Il 20 agosto 2015 l’aia del microscopico villaggio fondato da mio bisnonno Zanino Forlai intorno agli anni 80 dell’Ottocento – ovvero la Casa Nova – fu il palcoscenico dove mi trovai a parlare della nascita orale dell’Odissea. L’impresa era azzardatissima visto che non pochi dei convenuti (montanari o inurbati, ma per la stragrande maggioranza oriundi della medesima valle dell’Appennino tosco-emiliano in cui sorge la Casa Nova) avevano fatto al massimo la terza media, in alcuni casi solo la quinta elementare, radi i diplomati e i laureati autentiche mosche bianche. Per non parlare del fatto che tutte le età vi erano rappresentate. Ma come riuscire a interessare e coinvolgere un pubblico così?

Mi venne l’idea, poi rivelatasi vincente, di fare una continua spola tra alcuni brani omerici e il modo di pensare che s’aveva un tempo in questa remota valle. Mi trovai, allora, a mettere a frutto certi miei ricordi d’infanzia e della prima adolescenza quando  per la prima volta ebbi a che fare con la generazione di mia nonna. Mi stupiva, e ancora mi stupisce, la gran facilità nel comporre versi, l’esprimersi per enigmi, ma anche la maniera in cui i “vecchi” si mettevano in contatto con i cosiddetti “forestieri”.

E Omero che c’entra in tutto questo? Beh, c’entra, c’entra eccome! E lo scoprirete grazie al video che William Strali, non senza ironia, girò e poi allestì di quest’audace performance. Siccome ero piuttosto preoccupata di non farcela a tenere ininterrottamente desta l’attenzione del pubblico, chiedo venia se mi muovo come una zanzara isterica e se sono troppo espressiva. E chiedo pure venia per le inevitabili semplificazioni nonché per alcune imprecisioni, che mi sfuggirono nella foga del momento, anche per colpa di una insopprimibile vena “romanzesca”. Ebbene, tra non molto metterò su questo sito un Errata corrige in proposito. Mi affiancarono come valenti dicitori di passi scelti dell’Odissea mio fratello Giovanni e mio nipote Edoardo, cui va tutta la mia gratitudine.

Il video non è ahimè di breve durata (ben 82 minuti), ossia quanto durò la “conferenza”, ma la scommessa è quella di non venirvi a noia. Non ci credete? Una ragione di più per cliccare su questo link

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NEWS aprile 2015

Le due giornate triestine dedicate al tema della pseudoautobiografia – ha più senso dire della “autobiografia fantastica” – in Nietzsche sono andate benissimo: i ragazzi si son mostrati molto interessati e hanno fatto parecchie domande.

Adoro Trieste, sia per la sua atmosfera cosmopolita di città al crocicchio di più mondi, sia per i suoi fascinosi caffè, in primis il Caffè San Marco (che è pure una raffinata libreria dove si può leggere e scrivere in santa pace), sia per i molti sfizi offerti dalla sua cucina, ma anche per le gioie dell’amicizia che da anni mi prodiga chi colà m’invita.

Il richiamo delIa vicina Istria, ovviamente, è stato irresistibile: sicché a metà di questo mese farò non già la Parenzana vera e propria (quella mi attende in ottobre) ma semplicemente una camminata da Buje a Grisignana, di cui sento sempre gran nostalgia.

Ma si avvicina maggio, al cui inizio si celebra sui miei appennini il rito di cantare, appunto, maggio: ossia la fine dell’inverno e l’inizio della primavera.

Mi è stato chiesto di fornire qualche ragguaglio su questa arcaica celebrazione, che si svolge nella notte tra l’ultimo giorno di aprile e il primo di maggio.

Si tratta di un rito antichissimo che affonda le sue radici nel Medio-Evo, se non prima, che poi conobbe anche fasti letterari (si vedano le rime in proposito di Lorenzo il Magnifico e di Angelo Poliziano in occasione delle feste fiorentine di Calendimaggio) e che si mantenne a livello di tradizione popolare fino agli inizi del ‘900. Me ne favoleggiava la mi’ nonna e so che nella mia valle, in particolare nel quinto quartiere del comune di Granaglione, ossia in quelle remote borgate intorno a Casa Calistri, questo rito si celebrava ancora negli anni ‘50-60, ma in maniera sempre più sporadica fino a cadere in disuso. Dobbiamo agli amici della Dispensa di Casa Boni l’idea di ripristinare questa antica tradizione, che un tempo aveva un duplice intento: il primo quello di fare la serenata alle fanciulle dormienti, e che prevedeva perciò solo cantori maschi, il secondo di far la cerca delle uova presso le case che si visitavano. Anche elargizioni di vino non erano disdegnate, anzi!

Attualmente vi partecipano persone di ogni sesso e di ogni età (con il capo inghirlandato da fronde di faggio) e si visitano case dove talora si è attesi, e dove si trova, oltre che qualche uovo, da bere e da mangiare, ma si piomba anche in case dove si giunge del tutto inaspettati.

Chi volesse vedere il video del CANTAMAGGIO 2014 clicchi qui

Si tratta di un sapiente montaggio di soli 20 minuti di una lunghissima scorribanda durata dall’imbrunire alle ore piccole. Le riprese sono opera di William Strali.

Quanto ai testi, essi son stati pazientemente raccolti da Mario Lazzaroni, consultando gli anziani della valle.

Chi volesse leggere le rime popolari di CANTAMAGGIO, clicchi qui

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